Un padre dall’umoralità a volte dura, poi oggetto di accudimento, quando la diagnosi di un disturbo mentale viene a spiegare il vuoto di gesti e le deflagrazioni improvvise; una madre fredda ma che ha visto da subito, in Valeria, la vocazione alla scrittura e il bisogno di trasformare la vita in parole, per tentare una presa, una difesa dall’assalto delle cose, il conforto di un contenitore in cui elaborare le emozioni; un corpo voluto magrissimo, un bisogno di controllo, un’assenza di controllo, una fame d’amore smisurata, che porta un’adolescente, una giovane donna, una madre a vedere negli uomini qualcosa a cui ancorarsi, quando le parti di sé sono troppe o troppo vive o troppo scheggiate per depositarsi in una forma stabile e riconoscibile. Pulsatilla torna alla scrittura e a guardare il mondo con una piena maturità espressiva e un’ironia severa, regalandoci un romanzo dalla forza quieta ma erosiva: una sequenza di scatti tersi e precisi di una creatura che cade e inciampa e ricomincia a correre, lasciando luccicare le ferite, ed esplodere la pace.
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