Mi avete visto. Io sono l’uomo col pianoforte.
Ho un pianoforte, un’automobile, un rimorchio, una bicicletta. Il pianoforte lo metto nel rimorchio che aggancio all’automobile, poi, quando mi avvicino al posto che ho scelto, scarico il piano, lascio l’auto, attacco il piano alla bici e arrivo dove devo arrivare. Poi suono. Per gli altri, ma soprattutto per me stesso. E per lei.
Mi avete visto, io sono il pianista di Parigi. Arrivai il giorno dopo e vidi il sangue a terra, una scia lunga e larga come una persona. Scesi dalla bici e suonai Imagine. Non era la prima volta. Perché ero già stato a Istanbul dopo la rivolta delle bandiere, in Afghanistan tra i soldati coperti di polvere, a New Orleans dopo il tornado. Però non è vero che mi piace suonare dove la gente sta male: a me piace suonare dove la gente sta. Il male, quello c’è sempre e non fa differenza.
La musica, a volte, invece sì.