La guerra è finita, fra i reduci serpeggia lo scontento, fra la popolazione l’incertezza; gli imprenditori temono che possa accadere «come in Russia», come vogliono fare alcuni socialisti. Dal Psi, s’è però staccato un uomo che pare capace di accontentare tutti: Benito Mussolini. La sua ascesa è irresistibile. Dopo aver creato a San Sepolcro i Fasci italiani di combattimento, fonda il Partito Nazionale Fascista. A Mussolini, il re consegna le sorti del Paese alla fine di una marcia su Roma che sancisce quel che è già in atto. Con il Discorso del bivacco, il duce del fascismo rivendica la presa di un potere che da lì a poco smantellerà ogni opposizione, a cominciare da quella di Giacomo Matteotti, il leader socialista che in Parlamento aveva denunciato le violenze delle camicie nere. Matteotti verrà ucciso prima delle nuove rivelazioni annunciate: corruzioni che avrebbero pesantemente coinvolto il fascismo e la stessa Corona. Mussolini va in Parlamento. Fa un discorso che sfida la Storia, con spavalderia. È la nascita di una dittatura.
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