Da una parte c’è lei, la montagna: enorme, eterna, altera. Dall’altra c’è lui, l’uomo, l’alpinista. K2, agosto 2008. Un gruppo di alpinisti di diverse nazionalità, dopo settimane di attesa sul terreno ghiacciato del campo base, dà l’assalto alla vetta. Partono in diciassette. Undici non fanno ritorno. Marco Confortola è tra i sopravvissuti. La discesa dalla cima rappresenta una delle pagine più epiche dell’alpinismo himalayano: freddo, paura, rabbia, determinazione, il senso di una vita, ogni cosa. Nel settembre 2008 Confortola subisce l’amputazione di tutte le dita dei piedi: dopo un anno e mezzo, ci riprova: di fronte ai suoi occhi il Lhotse, 8516 metri, una delle quattordici montagne più alte della Terra.
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