Siamo in una vallata isolata, madre, padre e figlio, perennemente chiusi in casa, parlano una lingua aspra e bislacca, che fonde diversi dialetti, e passano il tempo a litigare, a pregare e a odiarsi. Ossessionata dalla tiella data in prestito all’ultimo funerale a cui ha partecipato, la madre pensa solo a rabboccare il “sugo perpetuo” della nonna morta quattro anni prima. Il padre, violento e dispotico, tiene la famiglia per giorni a provare la risolutiva cena con una specie di funzionario (uno che decide di farsi prete pur di non pagare le tasse) per acquistare i primi posti al campo santo; il figlio, tenuto alla catena, sogna di fuggire in città perché “non si può vivere solo di tielle e prosciutti”, tanto che prega Dio dicendo “liberami dalla psicopatia degli insaccati oppure muorimi”. Ognuno è ignorante, diffidente e desidera la morte dell’altro. E tuttavia occorre una tregua. L’ospite tanto atteso dal padre può e deve cambiare il loro futuro. Tutto è pronto, tutto è perfetto. Ma la tregua non durerà.
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